martedì 30 dicembre 2008

L'egocentrismo infantile

L’egocentrismo è una fase particolare dell’infanzia.
Esso non deve essere confuso con l’egoismo né con la dominanza di un bambino su un altro.
Secondo lo psicologo Jean Piaget (1896-1980) l’egocentrismo è la mancanza di differenziazione, nel bambino, tra il proprio punto di vista soggettivo e quello di un altro.
Lo psicologo svizzero ha posto anche le differenze tra il linguaggio egocentrico e la comunicazione vera e propria. Il primo è ripetitivo, imitativo (ecolalia) e si basa sul monologo; la seconda è sociale e si basa sull’informazione adattata, sulla critica, sugli ordini, sulle minacce e così via.Per Lev Vigotskij, non esistono, al contrario, differenze sostanziali tra il linguaggio egocentrico e la comunicazione, giacché il bambino usa sempre il linguaggio di comunicazione. Egli, anche quando si trova solo con se stesso, utilizzerebbe un linguaggio di comunicazione.Una teoria, però, non esclude, secondo me, l’altra, giacché il linguaggio nell’infanzia svolge diverse funzioni; chi, poi, comunica, in tale tappa evolutiva, esprime i propri stati d’animo e non si preoccupa del significato.
Il bambino, anzi, cerca di chiarire attraverso i monologhi non solo quello che intende fare, ma anche quello che effettivamente fa.Piaget ha, tra l’altro, sostenuto che i bambini sono egocentrici tanto sul piano cognitivo (egocentrismo cognitivo) quanto sul piano dell’interazione sociale (egocentrismo sociale).
Questa tesi è oggi alquanto criticata, perché, secondo alcuni studiosi, fino a sette anni non si possederebbe ancora un’interazio??ne sociale complessa. Solo dopo tale periodo, infatti, gli esseri umani diventerebbero consapevoli della complessità dell’interazione sociale ed incomincerebbero a riflettere sui processi interattivi, parlandone e discutendone tra loro. Anzi, proprio grazie a tale esperienza sociale, riuscirebbero a superare definitivamente l’egocentrismo e a rendersi conto che, nell’interazione sociale, possa esserci anche un altro punto di vista da rispettare.

Winicott parte II

L'intera vita culturale dell'essere umano origina anch'essa nello spazio potenziale che congiungeva originariamente madre e bambino e si pone in una posizione di diretta continuità con il giocare in modo creativo; afferma Winnicott: "l'esperienza culturale comincia con il vivere in modo creativo, ciò che in primo luogo si manifesta nel gioco" .
Il destino dello spazio potenziale tra madre e bambino, che nasce nei primi stadi dell'esistenza dell'individuo, in rapporto alla fiducia del lattante nell'attendibilità della figura materna, determina la "qualità" del gioco e dell'esperienza culturale di ogni essere umano.
Dice Winnicott: "se la madre è in grado di fornire le condizioni opportune, ogni dettaglio della vita del bambino è un esempio di vivere creativo. Ogni oggetto è un oggetto "trovato".
Data l'opportunità il bambino comincia a vivere creativamente, e ad usare oggetti reali, per essere creativo in essi e con essi. Se al bambino non viene data questa opportunità allora non vi è alcun territorio in cui il bambino possa avere gioco o possa fare l'esperienza culturale: ne deriva che non si stabilisce alcun legame con l'eredità culturale, e non vi sarà alcun contributo al patrimonio culturale.
Il "bambino in carenza" è notoriamente irrequieto ed incapace di giocare, ed ha un impoverimento della capacità di fare esperienze nel campo culturale".
La mancanza di attendibilità della figura materna determina "una perdita dell'area di gioco e la perdita del simbolo significativo"; questo significa che il bambino potrà riempire, se le circostanze sono favorevoli, lo spazio potenziale con i prodotti della sua immaginazione, mentre, se le circostanze sono sfavorevoli, l'uso creativo degli oggetti viene a mancare e un falso sé compiacente si sostituisce al vero sé che possiede il potenziale per tale uso.
Lo spazio potenziale, la "terza area del vivere umano...che non si trova né dentro l'individuo né fuori, nel mondi della realtà condivisa" viene ad essere, per Winnicott, il "filo rosso" che lega gioco ed esperienza culturale e determina la qualità di entrambi.
Se il bambino può godere, nel momento in cui la madre inizia a separarsi da lui, di cure sensibili da parte della stessa, avrà un'area di gioco immensa, una sterminata distesa di illusione da riempire, durante tutta la sua vita, con il gioco creativo che porterà poi alla esperienza culturale. Giocare è "una maniera particolare di agire, una maniera di trattare la realtà in forma soggettiva" , è possibilità unica di essere creativi, ossia di utilizzare l'intero potenziale della propria personalità, di venire a contatto col proprio vero Sé, di compiere con consapevolezza il viaggio della vita, senza mai adattarsi passivamente ad essa.
La creatività è uno stato di vitalità esistenziale, comune ad ogni essere umano, sia esso bambino o adolescente o adulto, ed è per questo che meravigliosamente, per Winnicott, il gioco, intendendo con esso un atteggiamento ludico e creativo verso il mondo, non ha età: "io considero alla stessa stregua il modo di godere altamente sofisticato della persona adulta rispetto alla vita, o alla bellezza o all'astratta inventiva umana, e il gesto creativo di un bambino, che tende la mano alla bocca della madre, e che tocca i suoi denti, e la vede creativamente. Per me, il giocare porta in maniera naturale all'esperienza culturale e invero ne costituisce le fondamenta" .
Il bambino e l'adulto, che vivono creativamente, giocano entrambi, riempiendo con i prodotti della propria immaginazione e con l'uso dei simboli, lo spazio tra sé e l'ambiente (in origine l'oggetto); il gioco del bambino e la vita culturale dell'adulto nascono nella stessa area e allo sviluppo di quest'ultima è legato il loro stesso destino o, meglio, la loro qualità.

Winnicott, il gioco, la creatività

Il grande psicanalista Donald Winnicott ha dedicato gran parte delle sue riflessioni al rapporto tra gioco e atto creativo, ponendo entrambi in diretta relazione con le fondamentali esperienze a cui il bambino va incontro nei suoi primi giorni di vita.
Il gioco è, per Winnicott, sempre un'esperienza creativa e la capacità di giocare in maniera creativa permette al soggetto di esprimere l'intero potenziale della propria personalità, "grazie alla sospensione del giudizio di verità sul mondo, a una tregua dal faticoso e doloroso processo di distinzione tra sé, i propri desideri, e la realtà, le sue frustrazioni" . In questo modo, attraverso un atteggiamento ludico verso il mondo, e solo qui, in questa terza area neutra e intermedia tra il soggettivo e l'oggettivo, può comparire l'atto creativo, che permette al soggetto di trovare se stesso, di essere a contatto con il nucleo del proprio Sé.
La creatività non consiste, secondo il grande psicanalista, nei prodotti dei lavori artistici, siano essi quadri o sinfonie o anche manicaretti culinari, che sono meglio definibili come "creazioni", ma è invece costituita dalla "maniera che ha l'individuo di incontrarsi con la realtà esterna": essa "è universale, appartiene al fatto di essere vivi" e "si può considerare come una cosa in sé, qualcosa che...è necessario se l'artista deve produrre un lavoro d'arte, ma anche qualcosa che è presente quando chicchessia...guarda in maniera sana una qualunque cosa o fa una qualunque cosa deliberatamente".
L'impulso creativo è presente alla stessa maniera, egli afferma con parole meravigliose, nel "bambino ritardato che è contento di respirare" come "nell'architetto che improvvisamente sa che cosa è che lui desidera costruire".
La creatività non può essere mai del tutto annullata, anche nei casi più estremi di false personalità, tuttavia può restare nascosta e questo viene a determinare la differenza tra il "vivere creativamente e il semplice vivere"

L'espressione col gesto grafico

Dopo i 2 anni facilmente il bambino usa per giocare matite e pennarelli: giocare a scrivere, giocare a dipingere, per la gioia del movimento nuovo, per la meraviglia dei suoi effetti, per l’innata necessità di imitare tutto ciò che gli adulti fanno.
Nel bambino esiste un bisogno imperioso di lasciare tracce grafiche.
In un primo momento, il bambino usa i tratti grafici solo per soddisfare questo impulso: non conosce e non frutta le possibilità contenute nell’atto grafico ed il materiale tracciante ed il supporto accogliente segnalano l’esistenza di un piccolo uomo, ma non sono espressione del suo io.
Per arrivare a ciò occorre l’intervento di un educatore attento che sappia:
dare importanza ai disegni occasionali
fornire materiali vari, utili e motivanti
rispettare le scelte, i modi, i tempi di lavoro anche con la creazione di appositi spazi
che sappia osservare il bambino restando a sua disposizione, ma senza predominarlo.
Osservare senza imporsi , ma proponendosi rappresenta la giusta mediazione per far si che il disegno da gioco libero si trasformi gradualmente in attività creatrice, per scoprire la gioia della conquista e del dominio del mezzo, permettendo alla immagini ed alla fantasie interiori di realizzarsi in segni/forme che le esteriorizzino e le conservino.
Lo scopo dell’insegnante è aiutare il bambino ad espandere il proprio io ed a crescere per far ciò occorre preparare gradualmente il bambino ad acquisizioni tecnica manuali concretizzando il nostro "intervento" con esempi pratici: come è meglio impugnare un pennello, quali colori usare per differenti superfici, osservare la realtà delle cose … .
Sono interventi che non soffocano la libera espressione del bambino, ma che offrono dei sostegni e degli esempi pratici per far si che da ogni bimbo esca, sotto forma "d’arte", ciò che è entrato in lui.

L' espressione creativa con la voce umana

Il bambino è portato, in modo spontaneo, a rielaborare le espressioni che gli vengono dalla realtà riesprimendole mediante un’azione imitativa della realtà stessa.
L’azione, pur essendo il mezzo di espressione preferito, a volte non è sufficiente a esteriorizzare tutto ciò che è in lui: quindi il bambino associa all’atto la parola con la quale integra e completa la sue abilità.
Il bambino contemporaneamente agisce, parla, recita e racconta; la parola, accompagna, a volte senza necessariamente integrarla, l’azione che il bambino compie e ne rende più intensa la sua partecipazione.
Il gioco di espressione attraverso la parola è indipendente dall’uso funzionale del linguaggio e si verifica già attorno ai 3/4 anni.
Come il gioco d’azione, può essere osservato ed aiutato ad espandersi mediante interventi vigili, rispettosi e poco invasivi, dell’adulto.
Occorre far si che mediante sapienti manipolazioni ( sostituzione di sostantivi, variazioni di azioni e tempi verbali, aggiunta di aggettivi o avverbi … ) di giochi cantati, rime, assonanze, conte, che il bambino, da ripetitore passivo, diventi produttore attivo, che scopra quindi tra le sue possibilità espressive anche quella vastissima dell’uso della "produzione orale".
Nel mondo infantile, parole, ritmo, canto stanno facilmente associate: tra filastrocche e cantilene per il bambino non c’è molta differenza, quindi nell’invito a parlare per lui può essere implicito anche l’invito a cantare.
Giocare una canzone significa animarla con un ritmo
, con l’interpretazione mimica, con i rumori, con la danza: è nostro interesse che il bambino si esprima in modo attivo e personale, osserviamo le sue espressioni e valorizziamole tutte, cercando di non conformarlo ai nostri desideri.

L'espressione creativa con le mani

Secondo alcuni psicologi e pedagogisti è molto importante esercitare l’espressione creativa con le mani.
Le mani, rivestite da personaggi, possono operare in un particolare teatro: il teatro dei burattini.
Il burattino rappresenta un’immagine – sintesi di voce, forma, colore e movimento che il bambino può animare con la sua fantasiosa creatività.
Mediante il burattino il bambino è stimolato a dire con naturalezza e chiarezza ciò che pensa in quanto egli, in quel momento, non recita, bensì vive nel burattino: è spinto ad arricchire il suo vocabolario usando termini, suoni e toni che solitamente non usa.
Giocare ai burattini implica l’impiego di svariate facoltà.
Infine il gioco dei burattini rappresenta un privilegiato punto di osservazione diagnostica e terapeutica sia che l’adulto osservi il gioco dei bambini, sia l’adulto che interagisca col bambino giocando con lui.

Il libero gioco di espressione corporea

Il gioco della "drammatizzazione"secondo Moreno un noto psicologo dello sviluppo; è uno dei mezzi più sicuri per sviluppare non solo la creatività, ma anche la riflessione, l’immaginazione e la socialità.
Proponendo ai bambini una storia è bene offrire loro "generiche linee guida" sulle quali l’immaginazione ogni bambino possa esercitarsi liberamente.
Invece di dire in maniera diretta che un determinato personaggio è buono, è meglio dire che quel personaggio impresta volentieri le proprie cose … lasciando intuire, indirettamente, la qualità positiva del suo carattere.
In questo modo avremo stimolato non solo la creatività dei bambini, ma anche l’interesse e la partecipazione attiva ed alla fine del racconto gran parte degli ascoltatori gradirà trasformarsi in attori cooperando per esprimere la storia esteriorizzandola, mettendoci ognuno un po’ di sé e perciò rendendola originale: lo scopo è di arricchire il mondo esperenziale mediante immagini che, recepite dalla singolare sensibilità di ogni bambino, vengano interiorizzate, elaborate ed infine restituite alla realtà (esteriorizzate).

L'espressione creativa col corpo e con le mani

Due aspetti dell’espressione infantile sono il gioco libero di espressione corporea ed il lavoro espressivo di manualità.
La divisione è puramente formale poiché è noto che l’espressione di un bimbo tra i 3 e i 6 anni si basa di preferenza su aspetti globali che possono implicare contemporaneamente l’uso del corpo, della voce, dell’ambiente…
Il bambino non recita, non canta, non dipinge, bensì continua il grande gioco del vivere a "tutto tondo". Poiché l’incontro col mondo è piuttosto difficile, il bambino tenta spesso di aggirare l’ostacolo evadendo verso un mondo "ideale".
Così si compiace di ricreare un mondo più personale, più consono ai suoi bisogni ed ai suoi affetti dove può rafforzarsi, crescere e sperimentare il mondo "reale" dove in realtà vuole fortemente vivere.
In questo modo il bambino prende tempo ed adegua la realtà ai suoi ritmi per comprenderla, assimilarla al meglio e per permettere al suo "io" di scoprirsi, formarsi, prendere consistenza ed infine esprimersi.
E’ necessario perciò che l’adulto sia educatore ( colui che trae alla luce ciò che sta nascendo ) piuttosto che domatore ( colui che incatena e domina la vita di un altro togliendole la libertà ).
L’educatore deve indirizzare il bambino verso una libera scoperta che possa essere assimilata e riespressa e mai deve imporgli <> da subire passivamente.
Deve inoltre fargli prendere coscienza delle proprie possibilità di "creatore" abituandolo a coltivare in lui l’originalità delle sue qualità creative e facendogli scoprire tecniche, materiali ed utensili sempre nuovi.

La teoria piagettiana

Piaget dimostrò innanzitutto l'esistenza di una differenza qualitativa tra le modalità di pensiero del bambino e quelle dell'adulto e poi che il concetto di capacità cognitiva e quindi di intelligenza è strettamente legato alla capacità di adattamento all'ambiente sociale e fisico. Secondo Piaget i due processi che caratterizzano l'adattamento sono l'assimilazione e l'accomodamento:
1)l' assimilazione consiste nell'incorporazione di un evento o di un oggetto in uno schema comportamentale o cognitivo già acquisito. In pratica il bambino utilizza un oggetto per effettuare un'attività che fa già parte del suo repertorio motorio oppure decodifica un evento in base ad elementi che gli sono già noti (p.es. gli oggetti nuovi portati alla bocca dal bambino);
2)l' accomodamento consiste nella modifica della struttura cognitiva o dello schema comportamentale per accogliere nuovi oggetti o eventi che fino a quel momento erano ignoti (nell'esempio precedente, se l'oggetto è difficile d'afferrare il bambino dovrà modificare la presa).
I due processi si alternano alla costante ricerca di un equilibrio fluttuante ( omeostasi ), ovvero di una forma di controllo del mondo esterno.
Nei suoi studi sull'età evolutiva Piaget notò che vi erano periodi dello sviluppo nei quali prevaleva l'assimilazione, periodi nei quali prevaleva l'adattamento e periodi di relativo equilibrio. Elaborò così una distinzione degli stadi di sviluppo cognitivo, individuandone in particolare tre, di cui i primi due divisi in fasi:
1)stadio senso-motorio (dalla nascita ai due anni circa) .Come implica il nome, il bambino utilizza i sensi e le abilità motorie per comprendere ciò che lo circonda, affidandosi inizialmente ai soli riflessi e più avanti a combinazioni di capacità senso-motorie. Sono individuabili sei fasi:
la prima, dalla nascita all'età di un mese e mezzo, è dominata da un' attività riflessa ;
B)la seconda, dal mese e mezzo ai quattro mesi, è detta delle reazioni circolari primarie , in quanto il bambino sviluppa la ripetizione di un'azione casuale per ritrovarne gli effetti gradevoli
C)la terza, dal quarto all'ottavo mese di vita, è chiamata delle reazioni circolari secondarie , perché il bambino osserva con interesse i risultati delle sue azioni che iniziano ad essere intenzionali;
D)la quarta, dagli otto ai dodici mesi circa, è quella in cui il bambino è in grado di riprendere un'azione su un oggetto dopo averla interrotta ( reazioni circolari differite );
E)la quinta, dall'anno di vita ai diciotto mesi, delle reazioni circolari terziarie , che consiste nello stesso meccanismo della precedente fase ma effettuato con variazioni, perché il bambino compie con le sue azioni una sperimentazione attiva ed è sempre alla ricerca di novità
F)la sesta, dai diciotto ai ventiquattro mesi, è caratterizzata dall'invenzione di mezzi nuovi , nonché dalla circostanza che le azioni sono ora interiorizzate e pertanto il bambino sviluppa la capacità d'immaginare gli effetti delle azioni che esegue, di fare sequenze di azioni e di descrivere oggetti non presenti nel suo campo percettivo;
2)fase pre-operatoria del secondo stadio (dai due ai sette anni circa).In questo periodo l'atteggiamento del bambino è ancora contraddistinto da un egocentrismo intellettuale, perché vede le cose da un solo punto di vista: il suo! Crede che tutti la pensino come lui e che capiscano i suoi pensieri. Pertanto se racconta una storia, lo farà in modo che un ascoltatore che non la conosce non capirà nulla. Il linguaggio è un nuovo mezzo di conoscenza che, partendo dalle parole intese prima come simboli e poi come segni, ovvero significati convenzionali, dà al pensiero ed al linguaggio il requisito di comunicabilità sociale. Il ragionamento del bambino in questa fase non è né deduttivo, né induttivo, ma transduttivo o analogico, dal particolare al particolare. Ciò si traduce in una modalità di comunicazione piena di "libere associazioni" senza alcuna connessione logica ed in cui il ragionamento si sposta da un'idea all'altra, rendendo pressoché impossibile una ricostruzione attendibile degli eventi;
3)fase delle operazioni concrete del secondo stadio (dai sette agli undici anni circa).Il termine operazioni si riferisce ad operazioni logiche o principi utilizzati nella soluzione di problemi. Il bambino in questo periodo non solo utilizza i simboli, ma è in grado di manipolarli in modo logico. Intorno ai 6/7 anni egli acquisisce la capacità di conservazione delle quantità numeriche, delle lunghezze e dei volumi.Per conservazione s'intende la comprensione del fatto che la quantità rimane tale anche in caso di variazioni di forma. Verso i 7/8 anni il bambino sviluppa invece la capacità di conservare, nel senso appena visto, i materiali e tale specifica qualità prende il nome di reversibilità. Infine, al compimento dei 9/10 anni, egli raggiunge anche l'ultimo passo della conservazione, ovvero la conservazione della superficie. Messo di fronte a dei quadrati di cartoncino si rende conto che essi occupano la stessa superficie, sia quando sono tutti vicini, sia quando sono sparsi;
4)stadio delle operazioni formali (dai dodici anni in poi).Nella fase delle operazioni concrete il bambino ha delle difficoltà ad applicare le sue competenze a situazioni astratte. Dopo i dodici anni invece il pensiero diventa ipotetico-deduttivo , perché opera su premesse ipotetiche e ricava le conclusioni logiche che discendono da esse. In particolare, è ipotetico in quanto è in grado di variare i fattori di un fenomeno per verificarne le cause ed è deduttivo perché stabilisce, attraverso deduzioni e induzioni, relazioni logiche tra fatti e leggi generali. La realtà non è più la fonte degli atti di conoscenza del bambino, ma viceversa è vista come una delle manifestazioni del possibile.
5)Da questo momento in poi il pensiero continua a svilupparsi per tutta l'età adulta, attraverso l'applicazione delle operazioni formali ad un numero crescente di situazioni.
Il passaggio da uno stadio all'altro e la ricerca quindi di un equilibrio sempre più maturo è la conseguenza dell'agire di quattro fattori:
maturazione fisica;
- esperienza con oggetti fisici;
- esperienza sociale;ed equilibrio

Lo sviluppo del bambino

Lo "sviluppo" può essere definito come la modificazione strutturale e funzionale di un organismo che abbia carattere permanente. Questi cambiamenti seguono un percorso lineare ma discontinuo ed alcuni di essi sono abbastanza netti da poterli suddividere in Fasi, prevedibili ed uguali per qualsiasi individuo e come tali soggette a leggi generali.
Lo sviluppo è biologico e psicologico:
- il primo è endogeno e indipendente dall'ambiente fisico, che può però, in certi casi estremi, inibirlo o bloccarlo, ma anche accelerarlo;
- lo sviluppo psicologico è invece frutto di un processo interattivo che deriva dal legame e dall'incontro tra ambiente ed organismo.
L'essere umano non smette mai di evolversi, anche se in certi casi e periodi della vita lo sviluppo è molto rapido e caratterizzato da stadi chiari e distinti.
All'inizio dell'esistenza lo sviluppo è uguale per tutti, mentre con il trascorrere degli anni esso conosce una certa irregolarità, poiché risulta sempre più influenzato da fattori variabili esterni, come per es. le esperienze sociali e le scelte lavorative.
Appena nati la crescita corporea è molto veloce, così come quella neuro-psichica. Lo status funzionale del primo mese di vita è particolarmente importante anche dal punto di vista della capacità di sentire e di elaborare percettivamente gli stimoli.
Lo studio della progressione delle capacità motorie in rapporto all'età è un valido criterio per diagnosticare la regolarità dello sviluppo e la buona salute del bambino. Questo criterio utilizza scale di misura che sostanzialmente operano un confronto tra quello che il bambino fa e quello che un pari età medio-normale è in grado di fare.
Allo sviluppo senso-motorio segue quello intellettivo.
La teoria piagetiana (v. par. successivo) ritiene che lo sviluppo cognitivo dipenda dall'interazione adattiva dell'organismo con l'ambiente, ma allo stesso tempo anche la maturazione biologica e la trasformazione della struttura dell'organismo hanno un ruolo importante, tramite leggi proprie interne indipendenti dalle sollecitazioni esogene e dagli apprendimenti.
Tra i due ed i sei anni si assiste ad un grande sviluppo delle capacità di uso del linguaggio, che, attraverso un'ampia linea evolutiva, permettono al bambino di arrivare a padroneggiare il linguaggio verbale.
Questa linea è costituita da un avvicendarsi di manifestazioni, evidenti soprattutto lungo l'arco dei primi quattro anni di vita, alla fine delle quali il bambino possiede un sistema linguistico che presenta, pur con le dovute differenze, molti punti di contatto con quello degli adulti.
In particolare, si passa dallo stato iniziale prelinguistico , comprendente emissioni sonore che rimandano a stati fisiologici o che sono prodotte da impulsi motori casuali, a quello in cui i suoni vengono utilizzati come segnali per gli adulti. Intorno al sesto mese compare la cosiddetta "lallazione", ovvero sono ripetuti in continuazione gruppi sonori simili a sillabe. Le tappe successive più importanti sono rappresentate dall'apparire, verso i dodici mesi, delle prime parole e dall'aumento del loro numero (più di 3 e meno di 50).
A diciotto mesi compaiono frasi formate da combinazioni di due o più termini ed è in questo periodo che si ha, nello sviluppo linguistico, una fase monoverbale detta protolinguistica , dove inizia l'intento comunicativo del bambino che si esprime con una parola alla volta.
A due anni si assiste ad un arricchimento del vocabolario e le frasi in certi casi sono addirittura composte da cinque parole.
A tre anni il patrimonio lessicale giunge ad un migliaio di parole, pronunciate quasi sempre in modo molto chiaro, mentre dopo i quatto anni le trasformazioni si fanno meno evidenti, ma continuano a prodursi ed a operare.
Il linguaggio verbale diventa così uno mezzo particolarmente duttile, in grado di permettere l'espressione di qualsiasi contenuto di pensiero e di svolgere l'importante funzione di strumento essenziale del processo di socializzazione attraverso cui il soggetto diventa membro attivo della società.

Visione di brunner

Una visione più moderna del pensiero umano evita di ridurre l'idea di regressione a processi infantili, suggerendo piuttosto che il pensiero agisce in almeno due forme generali, entrambi adattivi per certi insiemi di richieste fisiche e sociali.
Jerome Bruner le ha chiamate modalità "paradigmatica" e modalità "narrativa" del pensiero: l'una volta a ordinare l'esperienza, l'altra a costruire la realtà.
La modalità paradigmatica, logica e sequenziale, è formulata di solito in termini verbali, sia nei nostri pensieri privati che nella comunicazione, mentre nella sua forma più perfezionata si esprime in termini matematici. Questo tipo di pensiero ricerca la verità ed è, come tutte le ipotesi scientifiche, in ultima istanza falsificabile.
La modalità narrativa, invece, pur essendo sequenziale quando viene comunicata agli altri in una serie di enunciati, può essere descritta sotto forma di raffiche di immagini, nella maggior parte dei casi visive e uditive, ma a volte anche olfattive, gustative, tattili o cinestetiche. Si esprime come un racconto e può emergere anche sottoforma di ricordo episodico, oppure esprimersi nelle fantasie e nei sogni ad occhi aperti. Infatti secondo l'autore l' oggetto della narrazione non è la verità ma la verosimiglianza.

Trasformare i problemi

Per gli psicologi della Gestalt il pensiero produttivo è caratterizzato dall'istantaneità della risposta adeguata chiamata insight, intuizione. Esso si distingue dal pensiero riproduttivo il quale si limita al procedere per tentativi ed errori, alla registrazione superficiale degli eventi che caratterizzano una situazione e ad una comprensione minima della struttura di quest'ultima.
L'attenzione alle strutture è ciò che permette al pensiero produttivo di operare una ristrutturazione ovvero: "di cogliere nuove proprietà degli elementi del problema i quali vengono così pensati e utilizzati in nuovi ruoli o in diversa prospettiva" essa quindi implica il riconoscimento dei nodi problemici tramite "una penetrazione più profonda del problema attraverso la scoperta di un principio generale che porti in primo piano gli aspetti essenziali che prima stavano sullo sfondo ed elimini o porti in secondo piano quelli periferici".
Per Wertheimer, ad esempio, pensare consiste nel cogliere la forma emergente; essa in uno spartito musicale "è la melodia al di sopra delle singole note: la percezione della forma precede e dà significato alle singole battute. Cambiando tonalità la melodia rimane"
Le soluzioni innovative nascono perciò proprio dai nodi problemici individuati: "dal problema emergono allora dei vettori che, a partire dalle zone di disturbo, spingono a modificare gli squilibri ivi presenti. Questi vettori additano la direzione in cui procedere per chiudere la struttura del problema, per colmare le lacune apertesi ed eliminare le tensioni determinatesi".
Il processo solutorio incontra nel suo svolgersi degli ostacoli che possono impedirne il compimento. Questi sono:
- la fissità ovvero la resistenza che alcuni elementi del campo problemico mostrano, in quanto giudicati intoccabili e di conseguenza lasciati sullo sfondo;
- la meccanizzazione, ovvero la tendenza a trasferire in contesti diversi una strategia che in precedenza si era rivelata vincente,
- la direzione scelta, che attiva "processi che non condurranno mai alla ristrutturazione, poiché questa richiede un diverso approccio di partenza";
- il principio della pregnanza che consiste nella tendenza ad organizzare il campo problemico secondo alcuni principi percettivi che "possono talvolta chiudere prematuramente il processo di soluzione"

Creatività e mondo concreto

Secondo Vygotskij(lo psicologo del linguaggio) l'associazione si determina in relazione agli stimoli ambientali, infatti, il processo creativo si svilupperebbe in più fasi:
- un primo momento di ricezione delle informazioni,
- un momento di trasformazione, ovvero frammentazione o dissociazione in parti, che assumono diverso rilievo,
- una fase di rielaborazione nella quale le informazioni frammentate vengono deformate, amplificate o ridotte in vario modo;
- una fase di tipo associativo, le informazioni, così lavorate, sono collegate ad "altri elementi psichici presenti nella mente dell'individuo" e "il risultato delle elaborazioni e delle associazioni compiute dal soggetto viene tradotto in prodotti realizzabili o comunicabili ad altre persone".
In tale processo circolare il rapporto con il bisogno d'adattamento all'ambiente risulta determinante.
Infatti da esso nasce l'attività immaginativa, che risulta più articolata quando gli individui sono in ambienti più complessi e ricchi di sollecitazioni; ciò non comporterebbe contrapposizioni tra immaginazione e realtà perché "la fantasia del soggetto attinge sempre ad elementi desunti dal mondo concreto. Più ricca è l'esperienza del soggetto, più abbondante è il materiale che egli può rielaborare mentalmente e maggiore è la probabilità che tale rielaborazione conduca a prodotti innovativi"

Rilfessione di Osborn

Osborn divise, come Rossman, il processo creativo in sette stadi, ma utilizzando una terminologia diversa:

1. Orientamento: mettere a fuoco il problema;
2. Preparazione: raccogliere i dati pertinenti;
3. Analisi: Suddividere il materiale pertinente;
4. Ideazione: Accumulare alternative sotto forma di idee;
5. Incubazione: "riposare", per favorire l'illuminazione;
6. Sintesi: mettere assieme i pezzi;
7. Valutazione: giudicare le idee risultanti

Rilfessione di Arieti con altri autori

Arieti cita altri autori che hanno diviso il processo creativo in più stadi, ad esempio, Joseph Rossman che esamina "il processo creativo di 710 inventori mediante un questionario, ha ampliato i quattro stadi di Wallas a sette gradi", questi sono:
1. Osservazione di un bisogno o di una difficoltà.
2. Analisi del bisogno.
3. Rassegna di tutte le informazioni disponibili.
4. Formulazione di tutte le soluzioni oggettive.
5. Analisi critica di tutte queste soluzioni per ciò che riguarda i loro vantaggi e svantaggi.
6. Nascita della nuova idea: l'invenzione.
7. Sperimentazione per saggiare la soluzione più promettente, e selezione e perfezionamento del prodotto finale attraverso alcuni o tutti i precedenti gradi.

La riflessione di Guildford,parte II

I prodotti sono le forme che assumono le informazioni, elaborate secondo caratteristiche formali dall'organismo sono sei:
- Unità: Elementi d'informazione relativamente isolati o circoscritti che hanno il carattere di una cosa; vicino forse a Figura su uno sfondo della teoria della Gestalt.
- Classi: Concezioni che sottendono gli insiemi di item di informazioni raggruppati in virtù di loro proprietà comuni.
- Relazioni: Concezioni di rapporti tra item d'informazione fondati su variabili o punti di contatto che sono loro applicabili.
- Sistemi: Item d'informazione organizzati o strutturati; insiemi complessi formati da parti collegate o interagenti tra loro.
- Trasformazioni: Cambiamenti diversi (ridefinizioni, trasposizioni, revisioni, modificazioni) nella informazione esistente o nella sua funzione.
- Implicazioni: Estrapolazioni di informazione sotto forma di possibilità, di predizioni o di conseguenze conosciute o supposte.
Il programma di ricerca di Guilford prevede l'individuazione dei centoventi elementi derivati dalla combinazione ternaria dei distinti fattori di operazioni, contenuti e prodotti; tali elementi rappresentano le componenti del pensiero.
Ai fini dello studio del pensiero creativo una speciale importanza è assunta dalla produzione di "pensiero divergente", il quale è "attivato nelle situazioni che permettono più vie d'uscita o di sviluppo, esso pertanto va al di là di ciò che è contenuto nella situazione di partenza, supera la chiusura dei dati del problema, ricerca in varie direzioni e produce qualcosa di nuovo e di diverso", si distingue dal "pensiero convergente", logico, che utilizza regole codificate e produce un'unica risposta pertinente.
Guilford precisa che la creatività non è una, ma è multipla ed assume diverse forme; inoltre "non vi è una sola abilità o funzione di produzione divergente; ve ne sono 24, tutte più o meno indipendenti" di cui 23 dichiarate come dimostrate dall'analisi fattoriale; tra le principali ad esempio vi sono: fluidità, flessibilità, originalità, elaborazione e valutazione.
Ad articolare ulteriormente il quadro, Guilford osserva inoltre che le "produzioni di pensiero divergente non sono le sole ad apportare un contributo significativo alla produzione creativa".
Per Guilford(un noto psicologo) sono le "abilità creative" a permettere un comportamento creativo quindi: "Per lo psicologo, il problema si riferisce a tutte le qualità che contribuiscono alla produzione creatrice in maniera significativa"
[1], lo sviluppo della creatività passa perciò attraverso il "rafforzamento delle funzioni che la creatività mette in gioco" e ad una migliore capacità di "sfruttamento delle risorse dell'individuo"
[2]; Guilford ritiene anche che per insegnare a "pensare" creativamente ci si debba munire di "strumenti di precisione" che consentano l'elaborazione di precise tappe formative
[3]. La metodologia di cui si serve per indagare la creatività e mettere a punto tali strumenti è l'analisi fattoriale: "il pensiero viene considerato come un'unità articolata, scomponibile in parti chiamate fattori le quali corrispondono a distinte abilità cognitive individuabili attraverso appropriate metodologie sperimentali e di analisi statistica"
[4]. Guilford a tal fine elabora un modello della mente umana chiamato "struttura dell'intelletto", nel quale gli aspetti generali dell'attività mentale dell'individuo sono classificati secondo le direttrici delle operazioni, dei contenuti e dei prodotti
[5].Le operazioni sono le attività intellettive compiute sui materiali grezzi dati dalle informazioni ricavate da ciò che l'organismo è in grado di discernere e discriminare. Guilford ipotizza cinque tipi di operazioni:
a)Cognizione: Scoperta immediata, presa di coscienza, riscoperta o riconoscimento di elementi particolari d'informazione; comprensione;
b) Memoria: Provvista dell'informazione nella memoria, da non confondere con l'insieme di ciò che è già immagazzinato nella memoria;
c) Produzione divergente: Generazione di informazione a partire dall'informazione ricevuta, in cui l'accento è messo sulla varietà e la quantità prodotte a partire dalla stessa fonte; ricerca di alternative logiche.
d)Produzione convergente: Generazione dell'informazione a partire dall'informazione ricevuta, quando l'informazione necessaria è totalmente determinata dall'informazione ricevuta; ricerca degli imperativi logici;
e)Valutazione: Confronto dell'informazione in rapporto a specificazioni date, in accordo con i criteri logici quali l'identità e la coerenza.

I contenuti, che "fanno riferimento alla natura delle informazioni ricevute ed elaborate dalla mente" sono quattro:
- Figurale: Informazione sotto forma concreta, quale è percepita o ricordata sotto forma d'immagini. Il termine figurale implica almeno una organizzazione Figura-Fondo ed è una organizzazione percettiva. Vi si includono sia le sotto-classi uditive e cinestetiche che le sottoclassi visive;
- Simbolico: Informazione sotto forma di segni denotativi, che non hanno significato in sé e per se stessi, come le lettere, i numeri e le parole quando non si tiene conto delle cose che rappresentano.
- Semantico: Informazione sotto forma di significato a cui le parole si legano comunemente, più spesso nel pensiero o nella comunicazione verbale, ma che non si identifica con le parole. Immagini con un significato trasmettono anche informazione semantica.
- Comportamentale: Informazione, essenzialmente non verbale, implicata nelle interazioni umane, quando gli atteggiamenti, i bisogni, i desideri, l'umore, le intenzioni, le percezioni, i pensieri, ecc. degli altri e di noi stessi sono implicati.

Fasi del processo cognitivo

Alcuni studiosi della creatività hanno cercato di comprendere il processo creativo scomponendolo in distinte fasi.
Wallas (un noto psicologo,noto anche nel corso di psicologia generale)elaborò una teoria delle fasi che sarà poi ripresa con pochi cambiamenti da molti altri; egli riteneva che il processo creativo potesse essere suddiviso in quattro momenti:


  • preparazione,

  • incubazione,

  • illuminazione

  • verifica.
La fase di preparazione si configura come un momento preliminare, durante il quale l'individuo raccoglie dati, pensa in modo libero, cerca e ascolta suggerimenti, vaga con la mente.
Il secondo momento, "lo stadio dell'incubazione è deducibile dal fatto che tra il periodo della preparazione e quello dell'illuminazione trascorre un certo periodo di tempo, che può andare da pochi minuti a mesi o anni"[2]. Quindi dopo la preparazione il materiale raccolto non è semplicemente introiettato, ma procede in un periodo di elaborazione, delle cui modalità il creativo ha scarsa oppure nessuna consapevolezza: "l'inventore cova le sue idee in germe come la gallina cova le sue uova o come l'organismo cova i suoi microbi prima dello scoppio della febbre"
Lo scoppio della febbre fulminante e dirompente è il terzo momento, quello dell'illuminazione: dove poco prima vigeva la confusione e l'oscurità, ora le soluzioni e le idee appaiono e affluiscono con chiarezza, può essere "un'intuizione improvvisa, o una visione chiara, o una sensazione, qualcosa tra un'impressione e una soluzione, altre volte invece è il risultato di uno sforzo prolungato"
La verifica chiude questa sequenza; essa è necessaria affinché la soluzione possa superare la valutazione critica dell'innovatore, o anche di un pubblico.Sarebbe interessante capire meglio ciò che caratterizza queste fasi, ma sfortunatamente i testi reperibili rivelano tutti una certa superficialità nel descrivere tale processo.

I luoghi della creatività e della formazione

La molteplicità della nozione di creatività riguarda anche il campo formativo. Nei luoghi di esercizio della creatività "socialmente riconosciuta" come tale (scuole di teatro, musica, di realizzazione artistica e poetica, di ricerca e invenzione) la messa in atto di un'arte, di una tecnica o scienza è favorita dalle qualità creative individuali o collettive.
Grazie ad esse tali arti trovano respiro e stimoli nuovi, d'altra parte proprio l'esercizio di tali arti è terreno favorevole allo sviluppo e incremento della caratteristica creativa nelle sue diverse modalità espressive: in sostanza, vi è una reciproca influenza tra lo sviluppo della creatività e lo sviluppo delle arti.

...una definizione di creatività...

Significato del termine
L'uso estremamente comune della parola creatività crea problema e imbarazzo. Essa, infatti, non possiede un significato chiaro e univoco, è una voce impiegata in molteplici contesti anche a scopi difformi. Melucci, rilevando un'interessante trasformazione nell'uso di tale termine nota infatti che: "La parola creatività compare nei dizionari alla fine del secolo scorso, ma rimane confinata al linguaggio degli specialisti"[1]. Su un altro versante, però, lo stesso autore fa notare che oggi la parola creatività e l'aggettivo "creativo" ricorrono di sovente nell'uso non specialistico della conversazione quotidiana: "Il discorso dei media riflette e alimenta questa diffusione parlando ormai di creatività in cucina, in giardino, nell'abbigliamento, nei rapporti di coppia, nell'educazione dei figli, nel lavoro e nel tempo libero"[2].
Se poi ci si riferisce alle teorie e alle ricerche sulla creatività, in senso stretto, si può scoprire che il significato e l'impiego plurimo del termine non scompare. A questo proposito Trombetta[3], ad esempio, sostiene che "nel descrivere la creatività e nell'analizzare i processi psicologici che la sostengono e la esplicitano, ci si può riferire [..] o al pensiero creativo o alla persona creativa", ma che la ricerca psicologica è ricchissima di "sfaccettature" e di "angolature", con cui è possibile affrontare anche uno solo di questi temi (vedi De crea ).
Dunque cosa significa creatività?
Il dizionario UTET[4] ne offre una duplice definizione: come capacità, facoltà, attitudine a creare; come attività, operosità dinamica, forza costruttiva.
Il dizionario Garzanti[5] la definisce come la capacità di creare, di inventare con libera fantasia.
Creare, costruire, inventare e agire liberamente sono quindi le proprietà di chi opera con creatività: il creativo". Gli stessi dizionari, infatti indicano la parola creatività come derivante da creativo, colui che crea.
CreareCreare era in origine un'azione che poteva vedere come sola causa incondizionata Dio: "Che l'uomo potesse essere creativo nel pensiero e nell'azione era considerato blasfemo fino a qualche secolo fa"[6]. Questa attribuzione però rappresenta solo un momento del rapporto complesso che ebbero le società verso artisti e individui geniali. Le diverse culture, infatti, reagirono al fare degli artisti in modi differenti, così, ad esempio, si ha da una parte l'atteggiamento di diffidenza e quasi disprezzo del mondo greco e romano, in cui "l'opera dei pittori e degli scultori in quanto lavoro manuale, [...] era lasciato, in un'economia schiavistica ai membri della classe servile"[7] o comunque si riteneva, su influsso dell'estetica platonica[8], che l'arte potesse "fornire solo un vago riflesso della vera essenza della realtà, le idee, che essa tenta di riprodurre, per così dire, di seconda mano"[9]. Ben diversa la glorificazione del genio nell'età rinascimentale, in cui "l'artista fu personalmente onorato come un essere divino"[10].
Le diverse attribuzioni di valore fatte agli artisti, che portano da una parte a paragonarli a semplici artigiani dall'altra a divini creatori, riflettono e sono in relazione anche alle molteplici spiegazioni che nelle epoche si diedero al sorgere dell'idea[11]. Attualmente, si tende ad attribuire a tutti gli individui la capacità di produrre atti creativi, imprevedibili e originali; ed esistono corsi e pubblicazioni il cui intento formativo è di svilupparli e moltiplicarli. Le tecniche sono molteplici così come lo sono gli approcci e le definizioni; ma la creatività non è più blasfema, o eccezionale, non sfida più la collera divina, anzi è patrimonio molteplice che viene cercato e sviluppato al fine di una miglior economia individuale e sociale.
La creatività è perciò sempre più oggetto di formazione, le pubblicazioni in commercio sono vendute nelle librerie qualificate come nelle edicole e si propongono come manuali di cambiamento; i corsi di creatività per adulti si rivolgono a un pubblico eterogeneo con diverse metodologie e approcci, sono tenuti anche da società di consulenza specializzate nella formazione a tecniche di creatività e sono indirizzati a individui, gruppi, aziende.
Due sono i presupposti culturali comuni a queste pubblicazioni e scuole:
1) il primo è che la creatività è considerata una qualità presente in tutti,
2) il secondo è che tale qualità può essere migliorata e sviluppata.
La creatività è considerata quindi un elemento quotidiano nella vita degli individui, parte sostanziale della loro natura, risorsa fondamentale a cui attingere nelle diverse occasioni della vita e del lavoro. Da qui il valore attribuito a tutti gli sforzi per rendere più creativi il comportamento, il pensiero, nonché l'impegno allo sviluppo e alla stimolazione di tutte le potenzialità individuali.
In sintesi, la creatività oggi esprime un valore positivo che si esplica nei diversi ambiti attraverso la ricerca di un miglioramento che passa, appunto, dallo sviluppo delle capacità creative, e i cui scopi possono essere i più disparati come migliorare la qualità della vita, le capacità professionali, lo studio, le capacità ideative.